TRACCE | Gloria Valente

Gli interni disabitati, non lo sono mai veramente.

Sono stratificazioni di memoria, spazi in attesa di altre trasformazioni.

Negli interni disabitati ci sono tracce visibili di vite vissute, ma anche le tracce di quelle invisibili che aspettano di essere accolte.

Il sopralluogo contiene il progetto.

La ricognizione sul luogo, è una radiografia degli strati che il tempo ha sovrascritto, che riemergeranno in filigrana nel progetto per colui che le saprà leggere.

Nicola qui ha scelto di percorrere la strada accidentata dello scavo che contempla la sorpresa, l’accidente.

Invece di scegliere la cosmesi che cancella e azzera, per dominare il caos, offre alla traccia una nuova occasione, quella di riemergere nella tessitura del pavimenti.

Nicola sceglie la nudità, quella che svela la verità, quella che non allinea, quella dei traumi e dei ripensamenti quella che mette a nudo la stratificazione, in fondo un omaggio alla rovina, per ricordarci quanto Roma abbia fatto della rovina e del frammento una straordinaria messa in scena, una infinita dissolvenza incrociata, dove la città nascente e quella estinta si alternano e raccontano un’unica storia.

Nicola concentra il progetto sul pavimento che costituisce la base stabile della nostra esperienza dell’abitare, il luogo per elezione dove ostacolare la forza di gravità, dove guardiamo mentre camminiamo.

I servizi e gli impianti sono il motore della costruzione e il pavimento innervato di cavi, percorso dai fluidi vibra di informazioni.

Luoghi di elezione del progetto dunque, non ostacoli da eliminare, occasioni per conoscere, per far riemergere le soglie e le sezioni dei muri come elementi forti non come deboli membrane divisorie.

Il pavimento cosi ricucito, con tutte le sue ferite, cicatrici traumi e fratture appare prezioso nella sua nuda, liberatoria imperfezione, non un piano neutro muto inanimato, ma sfondo di nuove possibili esistenze e perciò uniche.

L’uso di quarzite dorata come filo cucitore segue il principio della tecnica detta dello kintsugi, una tecnica giapponese del xv secolo usata ancora oggi per riparare vasi e tazze pregiate per la cerimonia del tè –

La tecnica consiste nel riempire le crepe con resina laccata e polvere d’oro.

Le fratture diventano quindi trame preziose.

L’unicità è un valore, valeva la pena di correre il rischio .

Gloria Valente

http://www.na3.it/project.php?id=79

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